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sabato 14 novembre 2020

Hope e il profumo magico.



Hope era una bambina bellissima, aveva guance rosa su cui cadevano piccoli boccoli d'oro e occhi blu come il cielo terso di una giornata di vento. Aveva quasi dieci anni, anzi nove e mezzo, come diceva lei e si sentiva già una piccola donna di mondo. Passava davanti alle vetrine dei negozi e si immaginava con lunghi ed eleganti vestiti con cui partecipare a ricche e sontuose feste in giro per il mondo.Fantasticava costantemente di vedersi in viaggio, con i suoi ingombranti bagagli, accompagnata da un valletto tutto fare che la aiutava. Nei suoi spostamenti per il mondo Hope immaginava di commerciare preziose essenze come il nonno Arthur. La famiglia di Hope era di origine inglese, e precisamente di Masworth, un piccolo villaggio a nord di Londra. La famiglia di Hope coltivava fin dall'antichità, erbe officinali che poi distillava per ottenerne oli essenziali da vendere presso il loro negozio di Londra. I Middlefield commerciavano i loro preziosi unguenti in una piccola bottega nel quartiere di Marylebone. Da anni, dopo la morte del nonno, vivevano a Grasse, in Francia. Hope sapeva che il nonno aveva lasciato, nella soffitta della casa francese, un baule pieno di preziosi oli profumati. A lungo aveva chiesto alla nonna di poter vedere cosa c'era dentro quello scrigno, ma per paura che rompesse i preziosi profumi, la nonna glielo aveva sempre negato. Quando sarebbe diventata più grande, la nonna glielo avrebbe permesso senza alcun problema.Un giorno di primavera, Hope si alzò presto, perché non riusciva più a dormire pensando allo scrigno del nonno. Approfittò dell'assenza della nonna che era andata al comprare verdure fresche per il pranzo e dei genitori che lavoravano dall'alba nella coltivazione di rose centifolia in un piccolo appezzamento vicino a casa. Non fece neanche colazione e si precipitò in pigiama in soffitta. Aprì il vecchio baule e vide tantissime boccette di vetro riposte ordinatamente in piccoli scomparti in legno. Al centro di questo ordinato reticolo c'era una scatola in legno rosso laccato. A scuola Hope aveva studiato che esistono dei caratteri speciali che si usavano in Cina e in Giappone. Ovviamente non poteva né leggerlo né riconoscerli ma sicuramente sul coperchio c'era una scritta composta da ideogrammi.Aprì la scatola e vi trovò un prezioso recipiente lungo e stretto e finemente decorato. Il tappo era sigillato con della ceralacca nera, ma era ormai secca e con un piccolo sforzo riusci a sfilarlo dal recipiente. Senza neanche pensarci, versò una goccia di profumo sulla manica del pigiama e annusò.La vista di Hope si sfocò come quando ci si perde nei propri pensieri e fu trasportata in un luogo lontano. Hope si ritrovò si un grosso masso piantato in un ruscello di montagna. Di fronte a lei un muro di roccia faceva intravedere sulla sua sommità un monastero orientale. Il cielo era di un grigio abbagliante e regnava un magico silenzio. Tutt'attorno la poca vegetazione e le rocce puntute erano coperte da un gelido manto bianco. L'aria odorava di neve.La neve profuma di terra bagnata mista a odore camino e di acqua metallica. Insomma, ha qualcosa di minerale e assolutamente inorganico. Hope sentì freddo e immaginò di essere in spiaggia sotto un tiepido sole. Ebbe una piccola vertigine e d'un tratto si ritrovò sulla battigia del mare, dove le onde andavano ad infrangersi contro il suo pigiama ormai zuppo di acqua. L'aria profumava di sabbia calda mista a salsedine, cocomero fresco e cetriolo. La sua pelle scaldata dal sole emanava un dolce profumo di crema solare al cocco.Il pigiama era tutto bagnato e il sole la stava facendo sudare, così Hope immaginò un'altra volta di essere da tutt'altra parte. Nella sua mente si formò l'immagine di un antico caravanserraglio dove arabi vocianti commerciavano sacchi pieni di preziose spezie d'oriente. L'odore forte del pepe si mescolava a quello delle lunghe stecche di cannella, saturando l'aria di un profumo talmente forte da coprire quello dello sterco dei cammelli e delle pelli fresche di concia. Hope era seduta su un muretto basso, con il suo pigiamino ormai asciutto. Le persone attorno a lei passavano senza neanche notarla, quasi come se non esistesse.Nella sua giovane mente si stava realizzando l'idea che forse si trattava di un sogno molto lucido, probabilmente un viaggio astrale. I forti odori e il caos indussero Hope a pensare di essere in un luogo più quieto e silenzioso, chiuse gli occhi e li riaprì in un luogo fresco e leggermente umido. La luce tenue delle candele illuminava la statua della Madonna davanti a lei. La panca su cui sedeva era dura ma non era tanto scomoda. La chiesa in cui si trovava era priva di affreschi e i muri erano blocchi di pietra ben levigati dallo sfregamento delle mani dei pellegrini. L'odore tenue della cera si mescolava a quella del legno vecchio degli arredi sacri. Hope sentiva anche l'odore di polvere dei tendaggi che adornavano l'altare. Ma ciò che le piaceva di più era il profumo di incenso bruciato che aleggiava nell'aria, che le ricordava le grandi feste religiose. Richiuse gli occhi e finalmente si ritrovò nella sua soffitta, da sotto si sentivano arrivare rumori. Sistemò tutto e si precipitò in cameretta per farsi trovare nel letto. La nonna lentamente salì al piano di sopra, con un ritmo scandito dai delicati scricchiolii delle assi di legno, si avvicinò al letto per darle un bacio sulla fronte. Nel farlo, portò il naso vicino alla manica del pigiama che era appoggiata sul cuscino, nella solita posizione in cui Hope dormiva. La nonna si lasciò andare pesantemente sul letto e rimase immobile per dieci minuti in quella posizione, fissando il vuoto. Hope in quel momento capì che il profumo di quella boccetta era magico e quando sarebbe finalmente diventata grande lo avrebbe prodotto in grandi quantità per venderlo. Ma in tutto questo non stava tenendo conto di una cosa, la vera magia non si può usare per il proprio tornaconto. Hope diventò un grande naso, e pur senza usare la magia, riuscì a costruire grandi profumi che conquistarono ugualmente il cuore della gente. Aveva capito che bastava toccare i ricordi delle persone per creare in loro grandi emozioni di cui non avrebbero più voluto  fare a meno.