
Hope era una bambina bellissima, aveva
guance rosa su cui cadevano piccoli boccoli d'oro e occhi blu come il
cielo terso di una giornata di vento. Aveva quasi dieci anni, anzi
nove e mezzo, come diceva lei e si sentiva già una piccola donna di
mondo. Passava davanti alle vetrine dei negozi e si immaginava con
lunghi ed eleganti vestiti con cui partecipare a ricche e sontuose
feste in giro per il mondo.Fantasticava costantemente di vedersi in
viaggio, con i suoi ingombranti bagagli, accompagnata da un valletto
tutto fare che la aiutava. Nei suoi spostamenti per il mondo Hope
immaginava di commerciare preziose essenze come il nonno Arthur. La
famiglia di Hope era di origine inglese, e precisamente di Masworth,
un piccolo villaggio a nord di Londra. La famiglia di Hope coltivava
fin dall'antichità, erbe officinali che poi distillava per ottenerne
oli essenziali da vendere presso il loro negozio di Londra. I
Middlefield commerciavano i loro preziosi unguenti in una piccola
bottega nel quartiere di Marylebone. Da anni, dopo la morte del
nonno, vivevano a Grasse, in Francia. Hope sapeva che il nonno aveva
lasciato, nella soffitta della casa francese, un baule pieno di
preziosi oli profumati. A lungo aveva chiesto alla nonna di poter
vedere cosa c'era dentro quello scrigno, ma per paura che rompesse i
preziosi profumi, la nonna glielo aveva sempre negato. Quando sarebbe
diventata più grande, la nonna glielo avrebbe permesso senza alcun
problema.Un giorno di primavera, Hope si alzò
presto, perché non riusciva più a dormire pensando allo scrigno del
nonno. Approfittò dell'assenza della nonna che era andata al
comprare verdure fresche per il pranzo e dei genitori che lavoravano
dall'alba nella coltivazione di rose centifolia in un piccolo
appezzamento vicino a casa. Non fece neanche colazione e si precipitò
in pigiama in soffitta. Aprì il vecchio baule e vide tantissime
boccette di vetro riposte ordinatamente in piccoli scomparti in
legno. Al centro di questo ordinato reticolo c'era una scatola in
legno rosso laccato. A scuola Hope aveva studiato che esistono dei
caratteri speciali che si usavano in Cina e in Giappone. Ovviamente
non poteva né leggerlo né riconoscerli ma sicuramente sul coperchio
c'era una scritta composta da ideogrammi.Aprì la scatola e vi trovò un
prezioso recipiente lungo e stretto e finemente decorato. Il tappo
era sigillato con della ceralacca nera, ma era ormai secca e con un
piccolo sforzo riusci a sfilarlo dal recipiente. Senza neanche
pensarci, versò una goccia di profumo sulla manica del pigiama e
annusò.La vista di Hope si sfocò come quando
ci si perde nei propri pensieri e fu trasportata in un luogo lontano. Hope si ritrovò si un grosso masso
piantato in un ruscello di montagna. Di fronte a lei un muro di
roccia faceva intravedere sulla sua sommità un monastero orientale.
Il cielo era di un grigio abbagliante e regnava un magico
silenzio. Tutt'attorno la poca vegetazione e le rocce puntute erano
coperte da un gelido manto bianco. L'aria odorava di neve.La neve profuma di terra bagnata mista
a odore camino e di acqua metallica. Insomma, ha qualcosa di minerale
e assolutamente inorganico. Hope sentì freddo e immaginò di
essere in spiaggia sotto un tiepido sole. Ebbe una piccola vertigine
e d'un tratto si ritrovò sulla battigia del mare, dove le onde
andavano ad infrangersi contro il suo pigiama ormai zuppo di acqua.
L'aria profumava di sabbia calda mista a salsedine, cocomero fresco e
cetriolo. La sua pelle scaldata dal sole emanava un dolce profumo di
crema solare al cocco.Il pigiama era tutto bagnato e il sole
la stava facendo sudare, così Hope immaginò un'altra volta di
essere da tutt'altra parte. Nella sua mente si formò l'immagine di
un antico caravanserraglio dove arabi vocianti commerciavano sacchi
pieni di preziose spezie d'oriente. L'odore forte del pepe si
mescolava a quello delle lunghe stecche di cannella, saturando l'aria
di un profumo talmente forte da coprire quello dello sterco dei
cammelli e delle pelli fresche di concia. Hope era seduta su un
muretto basso, con il suo pigiamino ormai asciutto. Le persone
attorno a lei passavano senza neanche notarla, quasi come se non
esistesse.Nella sua giovane mente si stava
realizzando l'idea che forse si trattava di un sogno molto lucido,
probabilmente un viaggio astrale. I forti odori e il caos indussero Hope
a pensare di essere in un luogo più quieto e silenzioso, chiuse gli
occhi e li riaprì in un luogo fresco e leggermente umido. La luce
tenue delle candele illuminava la statua della Madonna davanti a lei.
La panca su cui sedeva era dura ma non era tanto scomoda. La chiesa
in cui si trovava era priva di affreschi e i muri erano blocchi di
pietra ben levigati dallo sfregamento delle mani dei pellegrini.
L'odore tenue della cera si mescolava a quella del legno vecchio
degli arredi sacri. Hope sentiva anche l'odore di polvere dei tendaggi
che adornavano l'altare. Ma ciò che le piaceva di più era il
profumo di incenso bruciato che aleggiava nell'aria, che le ricordava
le grandi feste religiose. Richiuse gli occhi e finalmente si
ritrovò nella sua soffitta, da sotto si sentivano arrivare rumori.
Sistemò tutto e si precipitò in cameretta per farsi trovare nel
letto. La nonna lentamente salì al piano di sopra, con un ritmo
scandito dai delicati scricchiolii delle assi di legno, si avvicinò
al letto per darle un bacio sulla fronte. Nel farlo,
portò il naso vicino alla manica del pigiama che era appoggiata sul
cuscino, nella solita posizione in cui Hope dormiva. La nonna si lasciò andare pesantemente
sul letto e rimase immobile per dieci minuti in quella posizione,
fissando il vuoto. Hope in quel momento capì che il
profumo di quella boccetta era magico e quando sarebbe
finalmente diventata grande lo avrebbe prodotto in grandi quantità
per venderlo. Ma in tutto questo non stava tenendo conto di una cosa,
la vera magia non si può usare per il proprio tornaconto. Hope diventò un grande naso, e pur
senza usare la magia, riuscì a costruire grandi profumi che
conquistarono ugualmente il cuore della gente. Aveva capito che
bastava toccare i ricordi delle persone per creare in loro grandi
emozioni di cui non avrebbero più voluto fare a meno.