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giovedì 14 febbraio 2019

Cacao Azteque non si beve ma sa di elisir degli dei.



Armeggiavo da anni su un progetto che aveva fatto passare notti insonni a decine di scienziati di ogni epoca. Avevo deciso di costruirla nella grande cantina di mia zia. Chi l'aveva vista, l'aveva paragonata ad una sedia elettrica munita di centinaia di fili, turbine e altre diavolerie; qualcun altro, per la presenza di decine di contatori luminosi, l'aveva definita un'astronave aliena. Ma si trattava semplicemente del mio prototipo di macchina del tempo, un progetto che avevo cominciato a sviluppare fin dai primi anni di università. Un giorno, mentre mi accingevo a stringere i bulloni che serravano l'impianto di raffreddamento mi spinsi leggermente in avanti perdendo l'equilibrio, ricordo solo che cercai di aggrapparmi alla leva che azionava il campo magnetico e da quel momento vidi tutto bianco...
Al mio risveglio vidi attorno a me uomini abbigliati come indigeni sudamericani, con i volti dipinti di colori sgargianti e ornamenti composti da piume variopinte. Uno di loro mi stava porgendo una grande tazza di liquido denso e scuro. Era probabilmente l'atto dovuto a un dio, o ad un visitatore importante. Maldestramente avevo azionato la macchina del tempo ed ero stato spedito indietro nel tempo, all'epoca degli Aztechi.
Decisi di bere quello che avevo intuito essere una miscela di cacao e altre spezie, per non offendere i miei ospiti.

Non si trattava certo del sapore di una tavoletta di cioccolato, perché non vi era nulla di dolce e stucchevole in questa fragranza, pardon bevanda.
Al naso emanava un intenso profumo di pepe rosa, come se lo stessi rompendo tra i denti, seguiva un pepe più scuro e caldo, sentivo anche qualcosa che assomigliava al gusto caratteristico di cardamomo. Il cardamomo dava luce e freschezza a questa bevanda che avrei spalmato sulla pelle tanto profumava. Seguiva un intenso profumo di fiori bagnati da gocce di distillato di zucchero di canna. La bevanda, sul fondo, sapeva anche di cacao, sandalo caldo e fine muschio. Ora capivo perché sui libri la definivano l'elisir degli dei.

Mentre gustavo questa meraviglia, una mano cominciò a strattonarmi, tanto che d'un tratto mi risvegliai come da un sogno, ero riverso a terra con la testa incastrata sotto il macchinario e zia Margaret continuava a chiamarmi disperata. Battendo la testa, ero svenuto rompendo anche il flaconcino di profumo che portavo sempre nella tasca della giacca. Si trattava di un flacone di Cacao Azteque della maison Perris Montecarlo. Era stato tutto un sogno, la macchina non si era attivata e tutte le sensazioni erano state provocate dalla fragranza che si era riversata a terra. Peccato...

Note di testa: pepe nero, pepe rosa, cardamomo
Note di cuore: assoluta di rhum, orchidea, pittosforo, tuberosa.
Note di fondo: sandalo, assoluta di cacao, muschio.


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