Armeggiavo da anni su un progetto che
aveva fatto passare notti insonni a decine di scienziati di ogni
epoca. Avevo deciso di costruirla nella grande cantina di mia zia.
Chi l'aveva vista, l'aveva paragonata ad una sedia elettrica munita
di centinaia di fili, turbine e altre diavolerie; qualcun altro, per
la presenza di decine di contatori luminosi, l'aveva definita
un'astronave aliena. Ma si trattava semplicemente del mio prototipo
di macchina del tempo, un progetto che avevo cominciato a sviluppare
fin dai primi anni di università. Un giorno, mentre mi accingevo a
stringere i bulloni che serravano l'impianto di raffreddamento mi
spinsi leggermente in avanti perdendo l'equilibrio, ricordo solo che
cercai di aggrapparmi alla leva che azionava il campo magnetico e da
quel momento vidi tutto bianco...
Al mio risveglio vidi attorno a me
uomini abbigliati come indigeni sudamericani, con i volti dipinti di
colori sgargianti e ornamenti composti da piume variopinte. Uno di
loro mi stava porgendo una grande tazza di liquido denso e scuro. Era
probabilmente l'atto dovuto a un dio, o ad un visitatore importante.
Maldestramente avevo azionato la macchina del tempo ed ero stato
spedito indietro nel tempo, all'epoca degli Aztechi.
Decisi di bere quello che avevo intuito
essere una miscela di cacao e altre spezie, per non offendere i miei
ospiti.
Non si trattava certo del sapore di
una tavoletta di cioccolato, perché non vi era nulla di dolce e
stucchevole in questa fragranza, pardon bevanda.
Al naso emanava un intenso profumo
di pepe rosa, come se lo stessi rompendo tra i denti, seguiva un pepe
più scuro e caldo, sentivo anche qualcosa che assomigliava al gusto
caratteristico di cardamomo. Il cardamomo dava luce e freschezza a
questa bevanda che avrei spalmato sulla pelle tanto profumava.
Seguiva un intenso profumo di fiori bagnati da gocce di distillato di
zucchero di canna. La bevanda, sul fondo, sapeva anche di cacao,
sandalo caldo e fine muschio. Ora capivo perché sui libri la
definivano l'elisir degli dei.
Mentre gustavo questa meraviglia, una
mano cominciò a strattonarmi, tanto che d'un tratto mi risvegliai
come da un sogno, ero riverso a terra con la testa incastrata sotto
il macchinario e zia Margaret continuava a chiamarmi disperata.
Battendo la testa, ero svenuto rompendo anche il flaconcino di
profumo che portavo sempre nella tasca della giacca. Si trattava di
un flacone di Cacao Azteque della maison Perris Montecarlo. Era stato
tutto un sogno, la macchina non si era attivata e tutte le sensazioni
erano state provocate dalla fragranza che si era riversata a terra.
Peccato...
Note di testa: pepe nero, pepe rosa,
cardamomo
Note di cuore: assoluta di rhum,
orchidea, pittosforo, tuberosa.
Note di fondo: sandalo, assoluta di
cacao, muschio.
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